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Con la prima decisione (relativa ad una condanna, ex art. 586 c.p. per morte conseguente al delitto di violazione di domicilio, di un soggetto che era entrato nel cortile dell'abitazione di un tizio che lo aveva rimproverato e che successivamente era morto per fissurazione di un aneurisma da cui era affetto), è stato affermato il principio che "nel reato di cui all'art. 586 cod. pen. è solo il nesso di causalità materiale, legato alla precedente condotta delittuosa dell'agente, che giustifica il giudizio di responsabilità per l'evento non voluto", ma si è peraltro escluso che si tratterebbe di una ipotesi di responsabilità obiettiva essendo invece l'evento punito a titolo di colpa, perchè è "già punita l'attività volontaria di base, di guisa che se essa è rischiosa non v'è motivo per sollevare il colpevole per una parte del rischio corso, collegata con nesso di causalità materiale", aggiungendo che "dove manca l'area lecita di rischio ed il soggetto affronta il rischio ugualmente, non c'è motivo di sostenere che il principio di colpevolezza sarebbe incompatibile con questo tipo di reato".
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Si può però constatare che nella motivazione non vi è alcun accenno non solo sull'esistenza di una colpa ma nemmeno sui requisiti di prevedibilità ed evitabilità dell'evento ed anzi si afferma che è il solo nesso di causalità materiale che giustifica la responsabilità.
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Con la seconda decisione (relativa a morte conseguente al reato di porto abusivo di arma, commesso da un soggetto che aveva una pistola nella tasca del giubbotto ed aveva inavvertitamente premuto il grilletto, morte che il giudice del merito aveva esattamente attribuito a colpa effettiva ed in concreto per imprudenza ed imperizia), si è sostenuto esplicitamente che la colpa effettiva è un elemento "non richiesto per l'affermazione di responsabilità ai sensi dell'art. 586 cod. pen.", ma che tale responsabilità "non si può considerare oggettiva, riguardando casi in cui la condotta delittuosa di base ha in sè insito il rischio, non imprevedibile nè eccezionale, di porsi come concausa di morte o lesioni; per cui, se uno di questi eventi (ricollegabile psicologicamente, per la non imprevedibilità del pericolo, all'agente) si verifica, si giustifica l'ulteriore conseguenza sanzionatoria dalla suddetta norma prevista.
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Deve pertanto escludersi che la norma in questione sia in contrasto con l'art. 27 Cost. che sancisce il principio di personalità della responsabilità penale".
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Anche questa decisione nega la necessita di una colpa effettiva, ed individua il criterio di imputazione dell'evento morte nella non imprevedibilità e non eccezionalità del rischio, sembrando però ritenere sufficiente una valutazione oggettiva ed in astratto di questi due elementi.
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Deve quindi convenirsi sull'osservazione di parte della dottrina che, in realtà, anche queste due decisioni utilizzano solo formalmente le nozioni di "rischio totalmente illecito" e di "non imprevedibilità dell'evento", ma nella sostanza effettuano una imputazione dell'evento basata sul mero nesso di causalità.
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Un ultimo orientamento - sviluppatosi soprattutto negli ultimi anni - infine ravvisa nell'art. 586 c.p. una ipotesi di responsabilità per colpa in concreto. concepita ed accertata nei suoi requisiti ordinari, imperniata quindi sulla violazione di regole cautelari di condotta e sulla necessità di un accertamento della effettiva prevedibilità ed evitabilità in concreto dell'evento non voluto da parte dell'agente.
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