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La contestazione del provvedimento del GIP di convalida dell’arresto potrà avvenire solo attraverso l’utilizzo di argomenti di puro diritto e, pertanto, troverà il suo sbocco naturale nel ricorso per cassazione, che si caratterizza per la sua natura d’istanza a un Giudice di mera legittimità.

Il Giudice, nel convalidare l’arresto dovrà tener conto della gravità del fatto e della pericolosità del soggetto, anche in rapporto alla sua personalità e alle circostanze del fatto. (Cass. pen, Sez. IV, 22-02-2007).

Il contraddittorio, che si svolge in sede di decisione del GIP sull’eventuale convalida dell’arresto, si caratterizza per una intrinseca sommarietà, essendo essenzialmente circoscritto alla verifica dei sopra esposti presupposti.

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Un’articolazione più ampia della Difesa del soggetto sottoposto a indagine potrà essere effettuata solo, successivamente, quando si rientrerà nella fase cautelare in senso proprio.

Un assetto di tale tipo, peraltro, rischia di provocare il rischio che “l’arresto di un indagato sia formalmente corretto, ma che egli non sia raggiunto da gravi indizi di colpevolezza, proprio in riferimento a quella condotta e in quella fattispecie di reato per cui egli fu (correttamente) privato per brevissimo tempo della libertà, si da riacquisire siffatto stato personale (CCS, op.ul. cit.)

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Occorre, per completezza segnalare un ulteriore contrasto giurisprudenziale, in relazione alla detenzione di stupefacenti per uso di gruppo.

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Il problema ermeneutico è rappresentato dall’interpretazione da dare all’avverbio “esclusivamente” nel testo normativo del comma 1 bis dell'art. 73 d.P.R. 309/90. Secondo un’opinione l’uso personale di gruppo deve ritenersi assimilabile alla detenzione non punibile (in tal senso Cass. 8366-2011).

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In senso contrario, la Cassazione, n 6374-2012 ha ritenuto che “non puo’ piu’ farsi rientrare nella ipotesi di uso esclusivamente personale il cosiddetto uso di gruppo, giacche’ l’acquisto per il gruppo implica ‘ex se’ che la droga non sia destinata ad uso esclusivamente personale”. (…)“

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E’ penalmente rilevante e quindi punibile la detenzione di sostanze stupefacenti destinata al cosiddetto uso di gruppo perche’ l’irrilevanza penale dopo l’intervento normativo della legge 49 del 2006 attiene solo all’uso personale.”

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La sentenza da ultimo citata è stata anche vivacemente criticata e conferma come le problematiche ermeneutiche, connesse alla distinzione fra mera detenzione di stupefacenti e detenzione a fini di spaccio siano tuttora aperte e di estrema delicatezza.

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La condizione giudiziaria di persona sottoposta alla misura degli "arresti domiciliari" è incompatibile con la possibilità di utilizzare, tramite internet, "social network"- come Facebook o Twitter - al fine di "relazionarsi" con soggetti terzi rispetto al proprio nucleo familiare.

Lo ha deciso la Suprema Corte di Cassazione, IV sezione penale, la quale ha stabilito- con la sentenza 31 gennaio 2012, n. 4064- che il divieto di comunicazione con persone terze estranee alla cerchia familiare convivente, che caratterizza per l'appunto i cosiddetti "arresti domiciliari", è valevole anche per quanto concerne l'utilizzo di internet, tramite social network!

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Nello specifico gli "ermellini" della Suprema Corte hanno precisato i limiti telematici entro cui ha facoltà di "movimento" chi si trova agli arresti domiciliari:

libertà, quindi, di utilizzare "internet" per attingere informazioni e notizie; divieto assoluto invece di suo utilizzo per "comunicare" con terzi per propri scopi e finalità personali.

Nella fattispecie, oggetto di valutazione dei magistrati del "Palazzaccio", ad un soggetto condannato era stata sostituita, dal Tribunale di Lecce, la misura degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere; in quanto il medesimo aveva, per l'appunto, violato il divieto di comunicazione con persone differenti da quelle conviventi tramite l'utilizzo di Facebook.

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