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La norma di cui all’art. 586 c.p. si differenzia dall’art. 83 c.p. in quanto la prima prevede che la responsabilità per il secondo evento non sia subordinata all’indagine sull’errore dei mezzi di esecuzione del reato o sull’altra causa richiesta, al contrario, dall’art. 83 c.p.
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Nella fattispecie penale incriminatrice di cui all’art. 586 c.p. il rapporto fra il delitto voluto e l’evento non voluto è stabilito in termini di pura e semplice causalità materiale.
Lo scrivente, in particolare, ritiene che si deve riconoscere la sussistenza del nesso di causalità materiale ogni qualvolta la condotta abbia costituito la cd. condicio sine qua non dell’evento.
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In particolare, lo scrivente ravvisa nella fattispecie prevista dall’art. 586 c.p. una responsabilità per colpa specifica, fondata sulla inosservanza della norma penale incriminatrice del reato base doloso.
Il delitto di cui all’art. 586 c.p. (morte o lesioni come conseguenza di altro delitto), pur essendo punito a titolo di colpa, esige che il reato base sia doloso, può con questo essere unificato sotto il vincolo della continuazione.
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Inoltre, riconosco che, nell’articolo in commento, la colpa specifica consiste proprio nella violazione di una specifica norma a contenuto cautelare che, nella fattispecie, viene costituita dalla stessa norma penale che prevede il reato base, la cui inosservanza consente la presunzione della sussistenza della colpa anche con riferimento all’evento più grave (morte o lesioni) cagionato.
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Si è ritenuta incriminabile, ai sensi e per gli effetti della norma in questione, la condotta di chi, avendo dolosamente incendiato un’abitazione allo scopo di danneggiarla, provocava una deflagrazione nella quale trovava la morte il proprietario della casa (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 25 gennaio 2006, n. 19179).
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Inoltre, in tema di responsabilità penale per morte come conseguenza non voluta del delitto di cessione di sostanze stupefacenti, è necessario che il comportamento che venga posto in relazione di causa-effetto con la morte della vittima integri la fattispecie delittuosa, ossia che la sostanza che sia stata ceduta per essere assunta dalla vittima risulti inserita nelle tabelle delle sostanze stupefacenti allegate al D.P.R. n. 309 del 1990.
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Secondo la Suprema Corte “In tema di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto (art. 586 c.p.), ove l’evento sia riconducibile all’assunzione di sostanze stupefacenti, la responsabilità del soggetto che abbia fornito tali sostanze non può essere affermata sulla sola base del nesso di causalità materiale ma richiede la sussistenza di una colpa in concreto costituita dalla violazione di una regola precauzionale (diversa dal divieto, penalmente sanzionato, di cessione delle suddette sostanze), accompagnata dalla prevedibilità ed evitabilità dell’evento, da valutarsi alla stregua del c.d. agente modello razionale, tenuto conto delle circostanze del caso concreto conosciute o conoscibili dall’agente reale”. (Cassazione penale, sezione VI, sentenza 9 settembre 2009, n. 35099)
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In questo specifico contesto, lo scrivente ritiene particolarmente significativa la sentenza n. 490 del 18 agosto 2010, emessa dalla Corte di Appello Penale di Perugia che ha stabilito quanto segue:
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