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Invece, in questa logica legislativa, che vuole la punibilità dell’atleta-assuntore, viene compromessa la possibilità di risalire, nonché reprimere, i fenomeni commerciali che ruotano attorno a lui (accertamenti su chi procaccia, somministra le sostanze dopanti ovvero attua le pratiche mediche per i fini illeciti vietati dalla norma) e che alimentano il mondo sportivo; può pacificamente rilevarsi, infatti, che l’atleta sia l’ultimo anello debole di una catena ben più ampia.

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Quel che è certo è che il fenomeno del doping sta dilagando a macchia d’olio e diventando quasi una “prassi” nel mondo sportivo; un fenomeno che anziché regredire, si sta ampliando in modo esponenziale - ne sono una conferma i fatti raccontati dai telegiornali in questi giorni, sulla scoperta di atleti italiani partecipanti alle olimpiadi di Pechino 2008, trovati positivi ai controlli antidoping o ancora, nel mondo del ciclismo.

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Questo può in parte evidenziare la scarsa efficacia deterrente della legge in materia di doping ma soprattutto la necessità che, al di là di una attività di repressione, venga fornito un forte contributo - da parte di chi opera nel mondo sportivo- volto al riavvicinamento e sensibilizzazione degli atleti, specialmente i più giovani, ai valori di una sana cultura sportiva.

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Stupefacenti e sostanze psicotrope: i controlli e le ispezioni, di cui all’art. 103 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 All’interno del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, l’articolo 103 attribuisce alla polizia giudiziaria degli ulteriori ed incisivi poteri di controllo, di ispezione e di perquisizione. In estrema sintesi, si deve rilevare che i controlli e le ispezioni di cui al comma due del predetto articolo si esplicano nel fermo dei mezzi di trasporto e/o dei bagagli, così come nell’osservazione immediata e diretta, da parte degli operanti, degli effetti personali ivi rinvenuti, per scoprire l’eventuale presenza di droga.

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Inoltre, alle operazione possono procedere sia gli ufficiali di polizia giudiziaria che gli agenti; questi ultimi devono immediatamente consegnare brevi manu alla persona oppure alle persone interessate una copia del verbali che hanno redatto durante le predette operazioni di ispezione e di controllo.

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Il terzo comma dell’art. 103 D.P.R. n. 309/90 legittima la polizia giudiziaria a svolgere una perquisizione allorquando questa si renda indispensabile e necessaria ai fini della repressione del traffico di stupefacenti e che, quindi, sussista il fondato motivo di ritenere che possano essere rinvenute sostanze stupefacenti o psicotrope.

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Più in dettaglio, nelle predette ipotesi devono essere sussistenti dei motivi di particolare necessità ed urgenza che non consentano di richiedere l’autorizzazione telefonica del magistrato territorialmente competente.

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Tuttavia, l’attività di polizia giudiziaria disciplinata dall’art. 103 del T.U. delle leggi in materia di stupefacenti non concreta una formale perquisizione ai sensi e per gli effetti dell’art. 352 c.p.p., in quanto si differenzia da quest’ultima sia per la natura e la qualità dell’intervento (definito legislativamente di controllo ed ispezione) che per la sua specifica funzione.

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Infatti, mentre la perquisizione e l’ispezione previste dal codice di procedura penale presuppongono sempre la commissione di un reato, i poteri che vengono attribuiti alla polizia giudiziaria dal predetto art. 103 D.P.R. n. 309/90 sono finalizzati anche ad un’attività di carattere preventivo , oltre che repressivo, ed hanno per oggetto un ambito maggiore (in tal senso si veda Cass. pen., sezione VI, sentenza 4 giugno 1996, n. 5547, Cassazione Penale, sezione IV, sentenza 5 gennaio 2006, n. 150 e Cassazione Penale, sezione IV, sentenza 24 gennaio 2007, n. 2517).

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In conclusione, per completezza espositiva, si osserva che in relazione all’argomento in oggetto la Suprema Corte ha affermato che: “In materia di ispezione personale, l’accertamento radiografico è una delle legittime modalità di esecuzione a cui può farsi ricorso coattivamente, purché sia eseguito per mezzo di personale medico specialistico nel rispetto delle corrette metodologie tecniche, non rilevando che il controllo sia esteso all’interno del corpo umano”.

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La predetta massima giurisprudenziale, Cassazione Penale, sezione IV, sentenza 17 febbraio 2006, n. 6284 si riferisce ad un caso in cui la Suprema Corte ha ritenuto come del tutto legittimo l’accertamento radiografico disposto coattivamente dal personale di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza, sotto previa autorizzazione del Pubblico Ministero, durante l’espletamento dei controlli previsti ai sensi e per gli effetti dell’articolo 103 D.P.R. n. 309 del 1990.

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