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L'analisi storicizzata dell'espressione "o comunque detiene" conduce a ritenere che essa si rifèrisca ad un comportamento descrittivo formulato in termini di sintesi, dato che tutte le condotte previste dall'art. 73 del D.P.R. n. 309/1990 sembrano comunque presupporre una forma di detenzione.

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L'irragionevolezza di siffatte conseguenze finirebbe col dipendere dalla scelta di affidare la definizione del fatto al momento in cui si apprende la notitia criminis".

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La sentenza n. 360 del 1995 evidenziò altresì che la persistente illiceità penale della coltivazione, anche qualora univocamente destinata all'uso personale ed indipendentemente dalla quantità di principio attivo prodotto, resisteva anche alla verifica condotta (ex artt. 25 e 17 Cost.) alla stregua del principio di offensività, rilevando che "la verifica del rispetto del principio dell'offensività come limite di rango costituzionale alla discrezionalità del legislatore ordinario nel perseguire penalmente condotte segnate da un giudizio di disvalore implica la ricognizione della astratta fattispecie penale, depurata dalla variabilità del suo concreto atteggiarsi nei singoli comportamenti in essa sussumibili.

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La prima normativa antidoping, in Italia, è costituita dalla L. 1099 del 26.10.1971(sulla tutela sanitaria delle attività sportive) i cui artt. 3 e 4 punivano l’impiego di sostanze nocive per la salute degli atleti, al fine di modificare le loro energie artificialmente.

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La legge non limita la contestazione del reato al solo concetto di presenza nei campioni biologici di sostanze vietate ma estende l’accertamento del reato ad una più complessa valutazione di elementi di natura bio-medica e fornisce, inoltre, una ulteriore definizione di doping:

Art.1 comma 2.: «Costituiscono doping la somministrazione o assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti”….

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L’art.9 della Legge. n. 376/ 2000, prevede le seguenti sanzioni penali per il reato di doping:

1.Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da lire 5 milioni a lire 100 milioni chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l'utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ricompresi nelle classi previste all'articolo 2, comma 1, che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o sostanze.

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L’art. 9, infatti pare integrare una tipica ipotesi di “norma penale in bianco”, poiché la legge nel classificare le sostanze dopanti, rinvia ad un elenco di farmaci, sostanze e pratiche mediche elaborate dalla Commissione Antidoping e trasfuse in un decreto ministeriale (emesso il 15 ottobre 2002 dal Ministro della Salute, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, e pubblicato sella G.U. n. 278, suppl. ord. del 27/11/2002).

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Invece, in questa logica legislativa, che vuole la punibilità dell’atleta-assuntore, viene compromessa la possibilità di risalire, nonché reprimere, i fenomeni commerciali che ruotano attorno a lui (accertamenti su chi procaccia, somministra le sostanze dopanti ovvero attua le pratiche mediche per i fini illeciti vietati dalla norma) e che alimentano il mondo sportivo; può pacificamente rilevarsi, infatti, che l’atleta sia l’ultimo anello debole di una catena ben più ampia.

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Si riporta in allegato il testo dell’art. 103 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 Art. 103. (Legge 26 giugno 1990, n. 162, art. 25, comma 1). (Controlli ed ispezioni). 1. Al fine di assicurare l’osservanza delle disposizioni previste dal presente testo unico, gli ufficiali e sottufficiali della Guardia di finanza possono svolgere negli spazi doganali le facoltà di visita, ispezione e controllo previste dagli artt. 19 e 20 del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, fermo restando il disposto di cui all’art. 2, comma 1, lettera o), della Legge 10 ottobre 1989, n. 349.

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